La proclamazione di indipendenza del 13°Dalai Lama e la situazione attuale del Tibet

Il Tibet ha una storia di oltre 2.000 anni. Prima che l’esercito cinese lo invadesse nel 1949, il Tibet era uno stato indipendente e sovrano, una nazione che aveva un suo governo, una propria autorità legislativa, batteva moneta a corso legale, emetteva francobolli, aveva una sua peculiare lingua e scrittura e un'organizzazione sociale ben distinta da quella cinese. Era il 13 Febbraio 1913 quando venne resa nota la proclamazione dell’Indipendenza del Tibet (‘Tibetan Proclamation of Independence'), una dichiarazione in cinque punti che riaffermava la sovranità del Tibet e la fine della relazione di ‘religiosi e mecenati’ fra i Tibetani e i Manciù. Nell’anno successivo, il Tibet e la Mongolia firmarono un trattato in cui i due Stati si riconoscevano reciprocamente. Il documento originale attualmente si trova in Mongolia.


Quello stesso anno era stato aperto il primo ufficio postale in Tibet ed erano stati inviati quattro giovani Tibetani in Inghilterra a studiare ingegneria. Il Centro di medicina Tibetana (Men-Tsi-Khang) a Lhasa era stato fatto costruire dal 13° Dalai Lama. Nel 1923, Egli aveva creato a Lhasa anche una centrale di polizia per la sicurezza e al servizio della popolazione Tibetana [lo leverei, i compiti della polizia non hanno bisogno di essere specificati] e, sempre nello stesso anno, Egli aveva pure istituito la prima scuola inglese a Gyaltse. Purtroppo, il 13° Dalai Lama morì nel 1933 all’età di soli 58 anni.



Gyantse - Dal 1913 al 1949 il Tibet aveva dimostrato di essere  nella condizione di stato indipendente secondo i principi giuridici che definiscono tale stato per una nazione.

Nel 1949 l'inerme Tibet è stato invaso dall’esercito comunista cinese.

Nel 1959, a Lhasa, la brutale repressione di una pacifica manifestazione della popolazione tibetana che protestava contro l'occupazione cinese, aveva fatto diverse migliaia di vittime. In quello stesso anno il 14° Dalai Lama, Tenzin Gyatso era fuggito in India.

Condizioni del Tibet dopo l’invasione Cinese

L'annessione del Tibet da parte della Cina, ha prodotto negli ultimi 70 anni un opprimente sensazione di paura che dura ancora oggi. A una lunga serie di pacifiche proteste, le autorità cinesi hanno risposto con arresti, orture ed esecuzioni capitali. Le attività economiche discriminano ed escludono i Tibetani e minacciano la loro identità. Sotto l’occupazione cinese, le donne e gli uomini del Tibet non godono di quasi nessuno dei diritti garantiti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, in modo particolare il diritto all'autodeterminazione, alla libertà di parola, di assemblea, di espressione, di viaggiare liberamente. Il governo cinese ha bandito e criminalizza qualsiasi espressione o segnale di sostegno al Dalai Lama.

  • Secondo stime indipendenti, il risultato diretto dell’occupazione Cinese iniziata nel 1949 sia di oltre un milione e duecentomila Tibetani morti in seguito ad arresti, torture, esecuzioni, e anche di stenti.
  • Sono oltre 6000 i monasteri distrutti durante la cosiddetta Rivoluzione Culturale.
  • Oggi i Tibetani sono una minoranza in quella che un tempo era la loro nazione per via di una vasta immigrazione di Cinesi di etnia Han incoraggiata dagli incentivi del governo Cinese.
  • In numerose delle principali città del Tibet sono presenti e ben visibili, sia reparti di polizia armata sia di militari che sorvegliano costantemente il territorio anche con l'ausilio di numerosissime telecamere installate ovunque; pare di trovarsi in un territorio in assetto di guerra. I Tibetani vivono in condizioni di costante angoscia e paura per le diffuse persecuzioni e le detenzione a tempo indeterminato.
  • A nessun giornalista straniero è consentito di muoversi liberamente in Tibet e nelle regioni ove è presente la popolazione tibetana. Trasmettere indipendentemente qualsiasi notizia dal Tibet è assai più difficile che da aree di guerra quali l’Afghanistan e la Siria.
  • Nel 2008, un rapporto delle Nazioni Unite dichiarava che in Tibet fosse assai diffusa la pratica di vari metodi di tortura.
  • A partire dal 2009 oltre 154 persone, in varie zone del Tibet si sono date fuoco per protestare contro la crudele occupazione del Tibet da parte della Cina,.
  • L’Altopiano tibetano è la terza delle più importanti riserve idriche del Pianeta grazie ai ghiacciai da cui si formano i più grandi fiumi dell’Asia. Sono circa 700 milioni le persone che dipendono da queste riserve, la cui vita è peraltro minacciata dalla politica di sfruttamento selvaggio delle risorse minerarie, dalla deforestazione, dalla costruzione di dighe e dalla deviazione dei fiumi.

Cosa possiamo fare per migliorare la terribile situazione in Tibet.

  • Richiediamo ai sostenitori del Tibet di contattare l’ONU, le istituzioni europee, i loro capi di stato, i parlamentari affinché rivolgano richieste per la soluzione della drammatica questione del Tibet.
  • Per quanto tempo ancora i leader delle varie nazioni potranno ignorare i tibetani che stanno bruciando in Tibet? E quante vite ancora dovranno essere sacrificate per attirare l’attenzione e sensibilizzare i governi del mondo? Chiediamo con fermezza il sostegno di tutti affinché i leader costringano la Cina a concedere libero accesso ai giornalisti e ai diplomatici di tutto il mondo affinché possano testimoniare l’ effettiva condizione del Tibet.
  • Il Tibet sta morendo e nel giro di qualche decennio tutta la sua peculiare ricchezza culturale e linguistica potrebbe essere soltanto una letteratura del passato, un frammento di storia da leggersi nei libri e di cui non poter fare alcuna esperienza diretta. Ricordate che non è troppo tardi per aiutare!